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Comitato parlamentare Schengen, audizione del Ministro Piantedosi

Alle ore 14, presso l’aula del secondo piano di Palazzo San Macuto, il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ha svolto l'audizione del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
L'appuntamento è stato trasmesso in diretta streaming sulla webtv della Camera dei Deputati.
L'intervento del Ministro
Signor Presidente, Onorevoli membri del Comitato,
grazie per l’invito a riferire sui temi chiave della politica migratoria del Governo, un argomento al centro dell’agenda politica sia per la dimensione della pressione migratoria a cui è sottoposta l’Italia sia per il carattere strutturale delle migrazioni contemporanee che richiedono risposte organiche e sovra-nazionali, sia, infine, per i tragici e più recenti sviluppi della situazione in Medio Oriente.
Come Ministro dell’Interno, mi limiterò a esporre i profili di competenza della mia Amministrazione, non senza ricordare, tuttavia, che sugli aspetti generali della tematica, ho già avuto modo di riferire in occasione dell’informativa urgente alla Camera dello scorso 17 ottobre e, sul ripristino dei controlli alla frontiera con la Slovenia, in sede di informativa a questo Comitato lo scorso 24 ottobre.
Consentitemi, pertanto, di sviluppare questo mio intervento riprendendo, laddove necessario, l’impostazione e il filo argomentativo seguìto nelle predette informative in sede parlamentare e soffermandomi, in particolare, sul tema dei Minori Stranieri Non Accompagnati.
Sottolineo subito che l’approccio ai temi migratori si fonda su un’unica, imprescindibile esigenza: il rispetto delle regole.
Il rispetto delle regole assicura un giusto equilibrio tra i diritti e i doveri verso la società che accoglie, generando certezza e sicurezza.
Informo, in premessa che al 6 novembre sono sbarcati 145.314 migranti a fronte degli 88.095 e dei 54.733, rispettivamente, degli analoghi periodi del 2022 e 2021.
Come più volte ho avuto modo di affermare, stiamo perseguendo un cammino parallelo sul fronte delle politiche migratorie: da un lato, favore e promozione della migrazione legale, dall’altro, lotta alle reti criminali dei favoreggiatori dell’immigrazione illegale.
Sotto il profilo della promozione dei canali legali d’ingresso sul territorio nazionale, abbiamo dato nuovo impulso all'immigrazione regolare dei lavoratori stranieri attraverso l'ampliamento delle quote di ingresso, portandole ad oltre 122.000 per l'anno in corso, e abbiamo anche introdotto una programmazione triennale delle quote per meglio corrispondere alle esigenze del mercato del lavoro e favorire iniziative di collaborazione più a lungo termine con i Paesi d'origine dei flussi, arrivando ad un totale di 452.000 unità.
Con il decreto legge 20 del 2023, inoltre, sono state modificate le norme sui titoli d’ingresso e soggiorno per lavoro subordinato, semplificando l’avvio del rapporto di lavoro dei cittadini stranieri e accelerando la procedura di rilascio del nulla-osta al lavoro subordinato anche per esigenze di carattere stagionale.
Nella medesima prospettiva di promozione dei canali legali di ingresso, abbiamo dato impulso ai corridoi umanitari: oltre mille sono i rifugiati ad oggi accolti, più di qualsiasi anno precedente.
Ho parlato nell’introduzione di rispetto delle regole. È la coordinata che ci ha indotto a prevedere, con il decreto legge 1 del 2023, norme di comportamento per le navi non governative, al fine di rendere più funzionale la loro attività rispetto alle operazioni di soccorso in mare assicurate dal Corpo delle Capitanerie di porto.
La stessa disposizione di legge ha favorito altresì la possibilità di assegnare alle ONG porti di sbarco ubicati nelle regioni del centro e del nord del Paese, in modo da alleggerire la pressione migratoria sui porti delle regioni meridionali e prevenire riflessi sulla gestione dell’accoglienza e dell’ordine pubblico.
Sul fronte del contrasto all’immigrazione illegale, è stato rafforzato l’apparato sanzionatorio per i reati in materia ed è stato introdotto il nuovo reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”, che prevede pene da 20 a 30 anni nel caso in cui si verifichi la morte di più persone.
Il decreto legge è intervenuto anche sul tema della protezione speciale, definendo meglio l’istituto per prevenire interpretazioni che potessero estenderlo in modo improprio e introducendo un regime transitorio idoneo a garantire le aspettative dei titolari dei relativi permessi, e anche semplicemente di quanti abbiano fatto istanza.
È stata, inoltre, prevista una procedura accelerata alla frontiera per la decisione in merito al riconoscimento della protezione internazionale, in particolare per i migranti che provengono dai Paesi di origine sicuri, ed è stato anche disciplinato il relativo trattenimento presso apposite strutture che stiamo progressivamente implementando a partire da quella di Pozzallo/Modica che già può contare su 84 posti disponibili per tali finalità.
Più di recente, con il decreto legge 133/2023, il Governo ha messo a punto un sistema di norme che operano su più fronti, in piena coerenza con le linee di fondo di politica migratoria che ho tracciato.
In primo luogo, sono state adottate ulteriori disposizioni in tema di contrasto dell’immigrazione irregolare, volte a garantire l'effettività dell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e dei controlli in materia di immigrazione.
Ulteriori disposizioni hanno riguardato il procedimento di riconoscimento della protezione internazionale per domande successive a una prima domanda già rigettata definitivamente nel merito, finalizzate a garantire i diritti dei migranti senza compromettere l’esecuzione dei provvedimenti di allontanamento già disposti e convalidati dall’autorità giudiziaria.
La dichiarazione dello stato di emergenza dello scorso aprile, prorogato di recente di ulteriori sei mesi, e le misure contenute nel decreto-legge n. 20 del 2023 sono state iniziative del Governo che, pur essendo state ingiustamente criticate al momento della loro adozione, ci hanno consentito di migliorare in pochissimo tempo la nostra capacità di risposta, di sostenere una situazione di estrema complessità e di elevare lo standard qualitativo dell’accoglienza. In effetti, l’offerta di posti nell’ambito dei Centri di Accoglienza Straordinaria per adulti è stata aumentata di oltre il 20 per cento, per i Centri di Accoglienza Straordinaria riservati ai minori stranieri non accompagnati la capienza è stata aumentata di circa il 75 per cento. Infine, le disponibilità nei Centri di Prima Accoglienza sono aumentate di quasi il 29 per cento.
Anche la cosiddetta accoglienza di secondo livello, assicurata nelle strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione, mediante progetti finanziati dal Ministero dell’Interno, è stata potenziata.
A questo punto, è utile qualche ragguaglio sul nostro modello di accoglienza dei migranti che si articola su un sistema a due livelli.
Il primo livello prevede che lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera ovvero giunto sul territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare venga condotto negli hotspot per il rilevamento foto-dattiloscopico e segnaletico e per le esigenze di soccorso e di prima assistenza. Successivamente, ove lo straniero abbia presentato istanza di protezione internazionale e abbia titolo alle misure di accoglienza, viene condotto nei centri governativi di prima accoglienza. Nel caso in cui risulti temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all’interno di tali centri a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di migranti, il richiedente protezione internazionale viene inserito nei CAS o, per il tempo strettamente necessario, nelle strutture provvisorie di accoglienza nell’ambito delle quali vengono loro assicurati servizi essenziali, quali vitto, alloggio, vestiario, assistenza sanitaria e mediazione linguistico-culturale.
L’accoglienza di secondo livello, realizzata mediante il “Sistema di accoglienza e integrazione” (SAI) prevede invece l’erogazione in favore dei beneficiari anche di prestazioni finalizzate all’integrazione (come l’insegnamento della lingua italiana, l’orientamento al lavoro, istruzione e formazione professionale) ed è rivolta essenzialmente ai titolari di protezione internazionale, con alcune estensioni a favore di soggetti che si trovano in condizione di particolare vulnerabilità.
Attualmente il sistema di accoglienza nazionale ospita oltre 141.400 persone di cui oltre 34.000 nella rete SAI, poco più di 105.900 nei CAS, e quasi 1.200 negli hotspot.
Le persone in accoglienza sono distribuite in 6.114 strutture CAS adulti e minori e in 926 progetti SAI con il coinvolgimento complessivo di quasi 3.000 Comuni.
Si tratta di dati che indicano chiaramente il livello di distribuzione capillare soprattutto della prima e straordinaria accoglienza su tutto il territorio nazionale, con evidenti benefici in termini di sostenibilità, convivenza civile e ordine pubblico.
Questi dati mostrano anche con quale rapidità le misure intraprese dal Governo in materia migratoria stiano colmando il gap di pianificazione che si è trascinato negli anni e stiano permettendo di rimodulare rapidamente il sistema di accoglienza, rendendolo più flessibile e rispondente alle esigenze dell’attuale pressione migratoria.
In questo contesto, centrale rimane la collaborazione tra i diversi livelli di governo sul territorio. Lo scorso 7 settembre ho incontrato il presidente dell’Anci, e i sindaci delle città metropolitane per affrontare il tema della prima accoglienza, con particolare riguardo ai minori stranieri non accompagnati. Nell’occasione ho ringraziato i sindaci per quanto stanno facendo e ho sottolineato come il Viminale sia sempre disponibile ad un confronto costruttivo con le amministrazioni locali, ben consapevole delle difficoltà che si originano da flussi migratori così intensi e non programmabili.
Proprio in tale ottica ho evidenziato ai miei interlocutori l’importanza di affrontare insieme l’attuale situazione, condividendo una metodologia comune per assicurare condizioni dignitose ai migranti e limitare l’impatto sulle comunità locali. Questo significa riconoscere il fondamentale ruolo svolto dalle amministrazioni del territorio in quella distribuzione capillare cui ho fatto cenno e che non può prescindere da una partecipazione più ampia e solidale possibile su scala nazionale, a cui il Governo darà adeguato sostegno.
In tal senso, nel decreto legge n.145/2023, preliminare rispetto alla manovra di bilancio, è stato istituito presso il Ministero dell’interno un apposito Fondo, con una dotazione di circa 47 milioni di euro per l’anno in corso, per finanziare le misure urgenti connesse all’accoglienza dei migranti, ivi compresi i minori stranieri non accompagnati. Lo stesso fondo, con il disegno di legge di bilancio attualmente all’esame del Senato, è stato rifinanziato nella misura di 190 milioni di euro per l’anno 2024, di 290 milioni per il 2025 e di 200 milioni per il 2026.
Un’ulteriore misura riguarda il sostegno ai Comuni di confine con altri Paesi europei e a quelli costieri interessati dai flussi migratori, e consiste nel riconoscere loro specifici contributi per complessivi 5 milioni di euro, sempre per il solo anno in corso. È una linea di intervento alla quale intendiamo dare continuità anche nel disegno di legge di bilancio.
Il Governo ha, altresì, inteso assicurare ai Comuni più coinvolti negli arrivi un adeguato sostegno organizzativo e finanziario, prevedendo che fino al 31 dicembre 2025 il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti connessi alle attività degli hotspot ivi presenti, sia assicurato dai prefetti competenti attraverso procedure più snelle, in deroga al Codice dei contratti pubblici.
Sono - quelle appena illustrate- iniziative che mirano a far coesistere il doveroso spirito umanitario nella gestione degli arrivi con l’altrettanto doverosa esigenza di proteggere le nostre città e i nostri territori garantendo sostenibilità, convivenza civile, coesione sociale e, non da ultimo, ordine pubblico e sicurezza.
È utile a questo punto aggiungere qualche elemento circa le iniziative intraprese per migliorare la gestione dell’hotspot di Lampedusa.
A fronte dell’eccezionale pressione migratoria subita dall’isola, lo scorso 24 maggio, in attuazione dello stesso decreto legge n. 20, è stata sottoscritta una convenzione con la Croce Rossa Italiana per l’affidamento dell’accoglienza presso l’hotspot, con conseguente generale miglioramento dei servizi erogati. La Croce rossa ha prestato assistenza a oltre 60.000 migranti, secondo un approccio di carattere socio-sanitario e, anche grazie alla riorganizzazione degli spazi, la capienza dell’hotspot è stata elevata da 389 a 640 posti.
Ulteriori iniziative hanno riguardato il potenziamento del sistema di trasferimento dei migranti dall’isola di Lampedusa.
Inoltre, con il decreto legge 124 di quest’anno, è stata prevista la predisposizione di un piano di interventi strategici per migliorare le infrastrutture viarie e l’impiantistica a beneficio dei cittadini lampedusani, per complessivi 45 milioni di euro.
Vengo ora al tema principale dell’audizione: l’accoglienza dei Minori Stranieri Non Accompagnati
Per quanto riguarda il dato quantitativo relativo ai flussi nell’anno in corso si conferma il trend in aumento degli sbarchi registrato negli anni precedenti. Dal 1° gennaio al 16 ottobre 2023, il numero dei Minori Stranieri Non Accompagnati sbarcati è stato pari a 14.449, cioè circa il 10% del totale dei migranti sbarcati nel medesimo periodo, con un aumento percentuale del 43,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Sulla base dell’ultimo report del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali competente per il monitoraggio delle presenze dei Minori stranieri non accompagnati in accoglienza sul territorio nazionale, al 30 settembre 2023, il numero di minori (comprensivo di 4.282 ucraini) è di 23.531.
L’88,06 per cento sono uomini e l’11,94 per cento sono donne. La maggioranza degli uomini ha un’età compresa tra i 16 e i 17 anni mentre la maggioranza delle donne si colloca nella fascia 7-14.
Sono 3.957 i minori di età inferiore ai 14 anni che rappresentano il 16,8 per cento del totale dei minori in accoglienza.
Per quanto riguarda specificamente i minori stranieri non accompagnati presenti nel sistema di accoglienza del Ministero dell’interno, alla data del 2 novembre 2023, il numero è complessivamente pari a 8.329 unità.
Di essi:
- 683 sono presenti in strutture governative riferibili a 15 progetti di prima accoglienza;
- 1.769 presenti in 82 strutture ricettive temporanee di prima accoglienza, cosiddetti CAS minori, attivate dai Prefetti;
- 5.877 presenti in strutture facenti capo a 209 progetti SAI.
Con riferimento alle domande di protezione internazionale presentate dai minori stranieri non accompagnati, nel periodo 1° gennaio – 13 ottobre 2023 risultano pervenute 1.633 istanze. Nel medesimo periodo, le Commissioni territoriali hanno esaminato 1.193 istanze, con i seguenti esiti:
- 180 riconoscimento dello status di rifugiato (15%);
- 180 riconoscimento dello status di protezione sussidiaria (15%);
- 420 concessioni di “protezione speciale” (35%);
- 413 decisioni di diniego (35%).
Il dato saliente è che anche per i Minori Stranieri Non Accompagnati si nota una crescita delle domande, che sono state 1.633 nell’anno in corso a fronte delle 1.206 e delle 1.009, rispettivamente dei periodi corrispondenti degli anni 2022 e 2021.
Per quanto concerne il sistema di accoglienza dedicato ai Minori Stranieri Non Accompagnati, va detto che, diversamente da quello degli adulti, esso non è gestito esclusivamente dal Ministero dell’Interno, ma anche dagli enti locali. Aggiungo al riguardo che, per venire incontro alle difficoltà rappresentate degli enti locali, il Ministero dell'Interno, dal 1° gennaio 2023, ha aumentato il limite massimo del contributo per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati da 45 euro pro die, pro capite, a 100 euro.
Sul piano organizzativo, la normativa vigente prevede una fase di prima accoglienza in strutture governative ad alta specializzazione e un’accoglienza di secondo livello nell’ambito del Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI).
Le strutture di prima accoglienza, dal momento della presa in carico del minore, assicurano, per il tempo strettamente necessario e non eccedente i 30 giorni, servizi specialistici finalizzati al successivo trasferimento del minore stesso in centri di secondo livello del SAI con progetti specificamente destinati a tale categoria di soggetti. In caso di temporanea indisponibilità nei centri di primo o di secondo livello, l’assistenza e l’accoglienza dei minori sono temporaneamente assicurate dai Comuni.
Inoltre, in presenza di arrivi consistenti e ravvicinati di minori stranieri non accompagnati, è prevista la possibilità per i Prefetti di attivare strutture ricettive temporanee esclusivamente dedicate ai minori di età superiore ai quattordici anni (cd. “CAS minori”). Infine, per i casi di estrema urgenza, il decreto legge 5 ottobre 2023, n. 133 ha stabilito che la realizzazione o l'ampliamento di tali strutture ricettive temporanee sono consentiti in deroga al limite di capienza, nella misura massima del 50% rispetto ai posti previsti.
Il medesimo decreto legge ha, inoltre, previsto che in caso di momentanea indisponibilità di CAS minori, il Prefetto può disporre la provvisoria accoglienza del minore di età non inferiore a sedici anni in una sezione dedicata nei Cara e CAS adulti, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni. Tale previsione è in linea con la Direttiva UE 213/33 del Parlamento e del Consiglio Europeo del 26 giugno 2013 che dispone che gli Stati membri possano ospitare i minori stranieri non accompagnati ultra-sedicenni nei centri di accoglienza per adulti.
La speciale attenzione da sempre riservata dal Ministero dell’Interno a questa categoria vulnerabile di persone è testimoniata dallo sforzo volto ad ampliare le capacità di accoglienza nelle strutture dedicate.
Il 4 agosto 2022 è stato pubblicato un avviso per finanziare 1.000 posti in centri di prima accoglienza con risorse del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI) 2021- 2027. Conseguentemente, dal luglio 2023 sono stati attivati 15 progetti per un totale di 700 posti, ripartiti in sette Regioni. In relazione alle risorse finanziarie residue, il Ministero dell’Interno ha pubblicato lo scorso 2 novembre un nuovo avviso per il raggiungimento dei 1.000 posti inizialmente previsti.
Per quanto riguarda la rete SAI, al 31 ottobre scorso, risultavano attivi 6.060 posti per minori distribuiti su 209 progetti.
Tra le azioni intraprese per il mantenimento dei posti in accoglienza nell’ambito della rete SAI evidenzio anche che lo scorso 16 ottobre è stata approvata dall’Autorità Responsabile del FAMI una proposta progettuale che garantirà la prosecuzione biennale di 69 progetti per MSNA, fino al termine del 31 ottobre 2025, mentre sono ancora in fase di valutazione le domande di prosecuzione di altri 17 progetti, in scadenza al 31dicembre di quest’anno, per un totale di 320 posti.
Lo scorso 26 ottobre è stata, inoltre, valutata positivamente dalla Commissione europea una proposta progettuale avanzata dal Ministero dell’Interno che prevede l’ampliamento della rete di seconda accoglienza SAI per complessivi 210 posti per Minori Stranieri Non Accompagnati portatori di specifiche vulnerabilità.
Per assicurare una maggiore qualificazione professionale nell’ambito del sistema di accoglienza per Minori, il Ministero dell’Interno, con il sostegno dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo, ha programmato, per l’ultimo trimestre del 2023, due cicli di formazione in favore degli operatori impegnati nell’attuazione dei progetti FAMI di prima accoglienza di recente apertura. Tali cicli di formazione consentiranno, tra l’altro, l’adozione di una versione aggiornata del “Vademecum operativo per la presa in carico e l’accoglienza dei Minori Stranieri Non Accompagnati”.
Siamo anche impegnati per garantire elevati standard dei servizi erogati all’interno delle strutture.
Nei centri di prima accoglienza, cioè nei centri governativi e nei CAS minori, le prestazioni erogate comprendono: l’accoglienza materiale, la mediazione linguistica e culturale, l’orientamento all’apprendimento della lingua italiana, gli interventi di prima assistenza sanitaria e il supporto legale. Invece, nelle strutture del sistema SAI, i progetti di accoglienza assicurano, ai sensi della legge 47 del 2017, oltre ai servizi previsti per gli adulti, anche attività di sostegno agli affidamenti familiari e i servizi destinati ad accompagnare il minore verso l’autonomia, con particolare attenzione alla transizione all’età adulta. Sono anche previste attività che favoriscano il raccordo con i tutori volontari, nonché servizi dedicati ai minori con particolari fragilità quali, ad esempio, minori vittime di tratta, che necessitano di assistenza sanitaria e specialistica, con fragilità psicologica.
Detti servizi sono forniti al minore, anche se non richiedente asilo, in misura graduale e attraverso progetti individuali che tengono conto del suo vissuto, delle sue attitudini e degli eventuali profili di vulnerabilità, in modo da assicurare che il minore possa disporre degli strumenti per raggiungere la propria indipendenza lavorativa, sociale e culturale.
Un aspetto particolare, ma molto rilevante, dell’accoglienza dei MSNA concerne l’accertamento dell’età, in quanto da tale acclaramento dipende l’inserimento del migrante nelle diverse tipologie di circuiti di accoglienza.
Come noto, la relativa disciplina prevede che, nel caso sussistano dubbi sull'età dichiarata, il suo accertamento è rimesso alle autorità di pubblica sicurezza, coadiuvate da mediatori culturali e alla presenza del tutore o dei tutori provvisori, se già nominati. E qualora permangano dubbi sull'età dichiarata, la normativa vigente affida, su input della competente procura della Repubblica presso il tribunale per i minori, a équipe multidisciplinari costituite presso le aziende sanitarie locali gli accertamenti sociosanitari necessari. Infine, come regola di chiusura, l’attuale disciplina prevede che, qualora anche dopo l'accertamento sociosanitario permangano dubbi sulla minore età, questa si presume ad ogni effetto di legge.
Ora, a parte il fatto che la mancata costituzione in molte aziende sanitarie delle predette équipe multidisciplinari rende impossibile l’accertamento socio-sanitario dell’età, è evidente che l’intera procedura presenta elementi di oggettiva complessità e lascia margini di incertezza rispetto al reale dato anagrafico della persona interessata.
Con la conseguenza che le eventuali dichiarazioni non veritiere sull'età del migrante non solo determinano un aggravio procedurale e un allungamento dei tempi tecnici dell'accertamento, con danno degli stessi minori, ma rischiano di attribuire a giovani adulti un trattamento riservato dalla legge ai minori non accompagnati in quanto categoria particolarmente vulnerabile e, quindi, meritevole di speciale protezione, con ciò di fatto sprecando importanti risorse destinate ai veri minorenni.
Di qui le nuove disposizioni introdotte con il decreto legge 133/2023, che tengono sempre conto del superiore interesse del minore, in conformità a quanto previsto dall’articolo 3, della Convenzione sui diritti del fanciullo.
In particolare, è stato previsto che, in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati, l’autorità di pubblica sicurezza possa disporre lo svolgimento di rilievi antropometrici o di altri accertamenti sanitari, anche radiografici, volti all’individuazione dell’età, dandone immediata comunicazione alla procura della Repubblica presso il tribunale per la persona, la famiglia ed i minorenni, che ne autorizza l’esecuzione.
In estrema sintesi, l’obiettivo perseguito con tali interventi è di velocizzare gli accertamenti, senza tuttavia sacrificare le garanzie procedurali, e, soprattutto, senza disperdere le risorse destinate ai minori, concentrandole su chi davvero ne ha diritto. Si tratta di un'esigenza fortemente avvertita da tutti i sindaci e amministratori locali di qualsiasi orientamento politico.
Un elemento centrale della credibilità delle politiche migratorie e di asilo riguarda il rimpatrio di coloro che non hanno titolo a status di protezione. Per questa ragione stiamo dedicando forte impegno a rendere più efficaci le procedure di allontanamento dal territorio nazionale di chi non ha diritto a restare in Italia.
Il dato sui rimpatri avvenuti alla data del 31 ottobre 2023 indica un totale di 3.960, rispetto ai 3.410 dell’analogo periodo di riferimento del 2022.
In valori assoluti, non sono dati particolarmente elevati, ma indicano una inversione di tendenza e soprattutto indicano una correlazione statistica non confutabile: il 70 per cento degli stranieri rimpatriati è transitato per un CPR, a cui si ricollega la constatazione che circa il 50 per cento degli stranieri ivi trattenuti viene rimpatriato. Emerge quindi con chiarezza una correlazione positiva tra numero dei rimpatri e posti disponibili nei CPR, che oggi sono insufficienti.
Per questo il Governo ha messo in campo diverse misure per ampliarne la capacità ricettiva. Oltre alla ristrutturazione dei CPR esistenti, sono in fase di realizzazione interventi di manutenzione straordinaria che consentiranno, entro la fine dell’anno, il recupero di 218 posti. Il Governo considera, tuttavia, prioritario realizzare nuovi CPR con l’obiettivo di disporre di almeno un Centro per Regione.
In tale direzione, con il decreto legge n. 124/2023, è stato previsto un Piano straordinario per l’individuazione delle aree interessate alla realizzazione di un numero idoneo di hotspot, CPR, CAS e Centri governativi di accoglienza, da realizzare con l’apporto del Ministero della difesa nella fase di progettazione e realizzazione delle strutture individuate dal Piano, con le procedure derogatorie e acceleratorie previste per le opere di sicurezza nazionale.
Lasciatemi aggiungere anche che una delle ragioni alla base dei CPR è che la loro realizzazione è oggetto di una precisa obbligazione europea sulla responsabilità dei Paesi di primo ingresso nel controllo delle frontiere esterne dell’Unione. In base al diritto unionale, infatti, siamo tenuti a garantire l'effettività dell'esecuzione dei provvedimenti di espulsione e il mancato trattenimento in strutture come i CPR esporrebbe l’Italia alla responsabilità per violazione delle norme UE ed alle conseguenti sanzioni.
In ogni caso, è bene ribadire che il trattenimento nei CPR, sempre effettuato sulla base di un provvedimento convalidato dal giudice, riguarda i migranti adulti privi di titolo a restare in Italia e, come tali, destinati ad essere espulsi, i quali non collaborino alla loro identificazione, nonché quelli che presentano profili di pericolosità sociale. Si tratta, quindi, in particolare, di soggetti che manifestano proprio quelle condizioni di pericolosità sociale che gli stessi sindaci e i loro cittadini temono, chiedendo interventi risolutivi.
Pertanto, proprio in ragione delle loro finalità, la presenza di tali strutture non diminuisce, bensì aumenta i livelli di sicurezza dei territori di localizzazione.
Aggiungo che l'azione del Governo, sin dal suo insediamento, si è incentrata su ogni forma di contrasto all'immigrazione irregolare, anche in relazione ai possibili profili di rischio di infiltrazione terroristica nei flussi. I recenti tragici avvenimenti impongono una rinnovata e più elevata attenzione in particolare attraverso il potenziamento delle attività interforze per i controlli delle frontiere e di quelle effettuate dalle task-force operanti nelle principali aree di sbarco e negli hotspot nazionali.
Ho, dunque, immediatamente disposto un rafforzamento di tutti i dispositivi di osservazione e controllo riferiti agli obiettivi sensibili presenti sul territorio nazionale e nella seduta del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, convocato d'urgenza lo scorso 10 ottobre, alla quale ha partecipato anche il Comparto intelligence, sono state approfondite le possibili minacce e gli strumenti di prevenzione e contrasto.
Nella giornata di sabato 14 ottobre è stato convocato per la seconda volta il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica per un aggiornato quadro della situazione alla luce dei preoccupanti ultimi sviluppi. È stata effettuata una ricognizione degli obiettivi sensibili in Italia che sono stati quantificati in oltre 28.000, 205 dei quali israeliani, in prevalenza sedi diplomatiche o centri religiosi.
La minaccia terroristica, inoltre, è alla costante attenzione del Comitato analisi strategica antiterrorismo, istituito presso il Ministero dell'interno, che si è riunito appositamente gli scorsi 10 e 17 ottobre per valutare l'evoluzione dei profili di rischio anche nei contesti antagonisti e nell'ambiente penitenziario.
Come ho già riferito in questa sede, il 18 ottobre il Governo ha comunicato alle autorità UE e agli Stati membri il ripristino dei controlli alle frontiere terrestri con la Slovenia in base all’art. 28 del Codice Frontiere Schengen.
Al riguardo, nella riunione dello scorso 26 ottobre il CASA ha confermato la necessità di mantenere il rafforzamento delle misure di prevenzione e controllo in atto sul territorio nazionale. Più specificamente, le analisi condotte hanno chiarito che resta elevato il rischio di infiltrazione terroristica dei flussi migratori illegali via mare e via terra, specialmente attraverso la frontiera con la Slovenia, rotta lungo la quale transita la maggior parte dei migranti provenienti dalla rotta balcanica.
Per queste ragioni la misura adottata dal Governo a partire dal 21 ottobre e fino al 30 ottobre 2023 è stata prorogata di ulteriori 20 giorni fino al 19 novembre 2023.
In riferimento all’attività di vigilanza alla frontiera con la Slovenia, faccio presente che, alla data del 5 novembre scorso sono state controllate 28.573 persone in ingresso sul territorio nazionale e oltre 15.000 veicoli. L’attività sinora posta in essere ha consentito di rintracciare 438 cittadini stranieri in posizione irregolare e di dar luogo a 240 respingimenti e 15 arresti, di cui 12 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e 65 denunce all’Autorità giudiziaria.
Il dispositivo delle forze di polizia di frontiera vede impiegate nei servizi giornalieri 341 unità.
Nell’ottica di approfondire le attuali sfide relative alla rotta balcanica e rafforzare le forme di cooperazione transfrontaliera, lo scorso 2 novembre ho incontrato a Trieste i miei omologhi sloveno e croato.
In tale occasione, abbiamo in particolare concordato l’istituzione di Brigate miste delle Forze di polizia, sulla base della proficua esperienza fin qui maturata con i servizi di pattugliamento congiunto.
La stabilizzazione di quest’ultimo meccanismo d’azione, attraverso le Brigate miste, consentirà di potenziare ulteriormente l’efficacia dell’attività di collaborazione trasnfrontaliera tra i nostri Paesi.
Abbiamo, peraltro, condiviso con i Colleghi di Slovenia e Croazia di avere nuovi incontri, nello stesso formato inaugurato a Trieste, per monitorare la situazione e proseguire sulla strada della cooperazione operativa.
La “rotta balcanica” ricomprende un insieme di territori che attraversano diversi Stati dell’area interessati storicamente da una forte presenza islamista, rafforzata da un notevole numero di personaggi che tornano dai teatri di guerra del Medio-Oriente. Da tali territori si irradia verso l’Europa centrale, interessando anche l’Italia, una diaspora connotata spesso dalla presenza di soggetti che costituiscono una minaccia per la sicurezza.
Il conflitto siriano aveva infatti evidenziato e confermato un elevato livello del rischio, con la partenza per i territori bellici di numerosi foreign terrorist fighters, soprattutto da Kosovo, Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord e, in misura minore, Albania. Già da alcuni anni diversi combattenti stranieri balcanici e i loro familiari sono rientrati nei Paesi di provenienza. Gli oltre 1.000 combattenti di origine e/o provenienza balcanica, a suo tempo partiti per i teatri siriano e iracheno e i circa 400 già rientrati nei territori dei Balcani rappresentano evidenti vettori di rischio per la sicurezza europea e nazionale, specie in ragione dell’expertise militare acquisita e dei legami, talora forti, stabiliti con la diaspora in Europa.
Le informazioni disponibili evidenziano che la quasi totalità dei migranti che attraversano il confine italo-sloveno ha precedentemente fatto ingresso in Croazia via terra.
A questo riguardo deve essere sottolineato un aspetto importante: dal 1° gennaio 2023 la Croazia è entrata in area Schengen, il che ha comportato un ampliamento della linea di confine dell’Unione e, soprattutto, lo spostamento dei controlli di frontiera dal confine sloveno-croato a quello croato-bosniaco. Tale spostamento ha, a sua volta, determinato l’affievolimento dell’attività di vigilanza e controllo al confine sloveno-croato da parte delle autorità di Lubiana, con evidenti ripercussioni negative sul flusso migratorio che interessa la Slovenia e, di conseguenza, l’Italia. E la situazione è aggravata dal perdurare del ripristino dei controlli alle frontiere interne tra Austria e Slovenia.
I dati forniti al riguardo, in sede di CASA, dal Comparto intelligence mostrano che, a fronte della contrazione della tradizionale rotta del mediterraneo orientale, ridottasi di oltre il 50%, è stato registrato l’aumento di oltre il 25 % dei transiti attraverso la rotta terrestre balcanica. Peraltro, tale accresciuto flusso si è anche modificato nel percorso, con un significativo indirizzamento verso l’Italia.
Infine, le nostre informazioni indicano che, in territorio serbo e nel medesimo tracciato della cd. “rotta balcanica”, sono presenti diversi campi di sosta gestiti da organizzazioni criminali, a conferma dell’attivismo criminale delle reti delinquenziali dedite al favoreggiamento dell’immigrazione illegale e della tratta in quella regione.
Rispetto a questo scenario, per mantenere un adeguato livello di controllo transfrontaliero e oltre alla reintroduzione dei controlli alle frontiere terrestri con la Slovenia, l’Italia ha lasciato in funzione, a ridosso del confine sloveno, i servizi di retro-valico finalizzati anche al contrasto della criminalità transfrontaliera e i servizi di pattugliamento misto tra le Forze di polizia, come già avveniva prima dell’ingresso della Croazia in Schengen.
Aggiungo ancora un’osservazione di carattere generale sull’attività di contrasto al traffico dei migranti e alla prevenzione del terrorismo.
Come noto, ci sono tre principali direttrici migratorie verso l’Italia, ognuna caratterizzata da peculiari caratteristiche: la rotta “balcanica terrestre” con eventuale ingresso in Italia alla frontiera terrestre del Friuli Venezia Giulia, la rotta del “Mediterraneo Orientale” o “Balcanica marittima” e infine la rotta del “Mediterraneo Centrale” ovvero quella dalla Libia, dalla Tunisia e dall’Algeria, verso la Sicilia e la Sardegna.
Ebbene, i dati in nostro possesso indicano con particolare evidenza che tutte queste tre direttrici si influenzano a vicenda, nel senso che quando l’una diventa meno agevole, rischiosa o non efficiente, le organizzazioni criminali ricorrono maggiormente alle altre o anche a una di esse. Di qui la necessità di guardare al fenomeno con un’ottica globale e di dispiegare una strategia integrata, che passo a illustrare.
A scopo preventivo, ho impartito specifiche direttive per l'intensificazione di ogni raccordo informativo tra le forze di polizia e le agenzie di intelligence, al fine di monitorare l'evoluzione del conflitto e i suoi possibili riflessi sui flussi migratori, sugli ingressi e sulle presenze nel territorio nazionale.
In questo quadro grande importanza continua a rivestire il ricorso a provvedimenti di espulsione per l’allontanamento dal territorio nazionale di quegli stranieri connotati da profili di pericolosità per la sicurezza nazionale. L’attività di prevenzione ha condotto nell’anno in corso ad eseguire 58 espulsioni di stranieri pericolosi per la sicurezza nazionale.
In questo contesto, particolare attenzione viene rivolta al fenomeno dei foreign fighters e alle problematiche connesse al loro rientro, in relazione all’ipotesi che il nostro Paese possa costituire uno snodo logistico per la diaspora dei combattenti in fuga dal conflitto siro-iracheno.
Grande cura viene posta anche al monitoraggio di luoghi e ambienti suscettibili di diventare incubatori del radicalismo islamista violento. Ricordo ad esempio le moschee e i luoghi di culto/associazioni, i luoghi di aggregazione di soggetti potenzialmente contigui all’estremismo islamico, l’ambiente carcerario, senza naturalmente dimenticare il WEB, che continua a rivestire un ruolo determinante in molti percorsi di radicalizzazione in ragione della velocità e della riservatezza dello scambio di messaggi, che ne fanno un vettore essenziale per la divulgazione di contenuti ai fini dell’indottrinamento, del proselitismo e dell’addestramento in chiave radicale.
Quest’articolata azione di prevenzione e contrasto alla minaccia terroristica ha prodotto importanti risultati.
Al 31 ottobre 2023, l’attività di prevenzione, sviluppata mettendo a sistema le evidenze acquisite autonomamente nonché quelle veicolate attraverso i canali di cooperazione internazionale di polizia o di intelligence, ha consentito di arrestare 12 persone contigue agli ambienti dell’estremismo di matrice religiosa e 6 soggetti riconducibili a formazioni terroristiche di matrice politico nazionalista.
Sebbene al momento non risultino evidenze concrete e immediate di rischio terroristico per l’Italia, le tensioni internazionali e la fluidità della situazione esigono un elevatissimo livello di attenzione, in quanto la minaccia terroristica presenta spesso caratteri di fluidità e indeterminatezza.
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L’audizione del Ministro Piantedosi al Comitato parlamentare Schengen | 517.11 KB |