Testimonianze di coraggio: Alberto Varone, la famiglia, il lavoro e la forza di dire "no"

Alberto Varone
21 Luglio 2017
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Ultimo aggiornamento
Giovedì 7 Settembre 2017, ore 13:36
Il 24 luglio del 1991 l'agguato sull'Appia, in località Acqua Galena, in cui perse la vita

Alberto Varone era un piccolo imprenditore di origine Caranese, un paesino vicino a Sessa Aurunca in provincia di Caserta. Amava molto la sua famiglia a cui cercava di non far mancare nulla e proprio per questo svolgeva contemporaneamente due lavori: gestiva una sorta di agenzia immobiliare nel pieno centro di Sessa Aurunca, in Viale Trieste e di notte andava a prendere i quotidiani al deposito di San Nicola La Strada, una cittadina alle porte di Caserta per distribuirli in tutte le edicole del comune Sessano, da Roccamonfina al Garigliano. Il suo era un lavoro fatto di tempestività, meticolosità, professionalità.

Il clan dei “Muzzoni”, affiliato alla Nuova Famiglia della camorra campana, aveva più volte preteso la cessione della sua attività commerciale e il pagamento di una serie di tangenti, richieste a cui Varone aveva opposto resistenza. Per tale motivo fu oggetto di una serie di atti intimidatori quali il danneggiamento dei locali nonché minacce alla propria incolumità e a quella dei familiari.

Nonostante il forte clima di condizionamento -  generato tanto dagli affiliati, quanto dagli altri commercianti del luogo - Alberto Varone continuò a resistere alle richieste, sempre più aggressive, della camorra locale, divenendo una minaccia per la credibilità della stessa organizzazione criminale.

Il 24 luglio 1991 fu vittima di un agguato organizzato dal clan Muzzoni. Alberto come suo solito viaggiava con la propria autovettura verso San Nicola la Strada quando  sulla via Appia, in località “Acqua Galena”, tra i comuni di Francolise, Teano e Sessa un commando armato di fucile a canne mozze esplose più colpi a distanza ravvicinata, uno dei quali lo colpì in pieno volto. Il corpo fu lasciato li, fino a quando non arrivò una chiamata anonima di un passante che avvertì la vicina caserma dell’Arma di Sant’Andrea del Pizzone.

Antonietta, la moglie, insieme al suo primogenito Giancarlo e agli altri figli cercò di continuare l’attività di Alberto ma dovette subire ancora minacce dalle stesse persone. Così, incoraggiata dal Vescovo Raffaele Nogaro, decise di denunciare gli aguzzini, situazione che portò all’arresto del capoclan storico Mario Esposito nel 1994.

Nel 1998, la Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere ha condannato i mandanti e gli esecutori materiali dell’omicidio, assicurando alla giustizia gli attori del gesto efferato. La Corte di Cassazione, nel 2003, ha confermato le condanne dando, inoltre, risalto alla coraggiosa e ferma opposizione alle richieste della criminalità organizzata.

Il giornalista Raffaele Sardo ha raccontato la storia di Alberto nel libro «La Bestia». A Maiano di Sessa Aurunca sorge il presidio di “LIBERA” intitolato proprio ad Alberto Varone, gestito dalla cooperativa sociale "Al di là dei Sogni" che a partire dal 2008, grazie alle attività della fattoria didattica, della agricoltura sociale e del turismo responsabile e sostenibile, aiuta i soggetti appartenenti a "fasce deboli" a trovare la dignità di nuovi percorsi di vita.

Lo Stato ha onorato il sacrificio con il riconoscimento concesso a favore dei familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.