Testimonianze di coraggio, Giuseppe Alfano il giornalista con l'intuito del magistrato

Giuseppe Alfano
8 Gennaio 2018
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Ultimo aggiornamento
Martedì 8 Gennaio 2019, ore 13:12
Fu ucciso la notte dell'8 gennaio 1993. Le sue inchieste avevano delineato gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica a Barcellona Pozzo del Gotto e nel messinese, disegnando anche l’organigramma delle cosche

La notte dell'8 gennaio 1993 Giuseppe Alfano, un giornalista d'inchiesta, fu colpito da tre proiettili calibro 22 mentre era fermo alla guida della sua Renault 9 amaranto in via Marconi a Barcellona Pozzo di Gotto (Me). Era quasi arrivato a casa, a cento metri di distanza nella vicina via Trento.

Giuseppe Aldo Felice Alfano detto Beppe dopo un'esperienza lavorativa vicino Trento come insegnante di educazione tecnica alle scuole medie, era tornato in Sicilia nel 1976. In gioventù  la sua grande passione fu il giornalismo. Nell sua terra d'origine cominciò così a collaborare con alcune radio provinciali, con l'emittente locale Radio Tele Mediterranea e fu corrispondente de "La Sicilia" di Catania. Divenne il "motore giornalistico" di due televisioni locali della zona di Barcellona Pozzo di Gotto, Canale 10 e poi Tele News, questa ultima di proprietà di Antonino Mazza, anch'egli ucciso dalla mafia.

La sua attività giornalistica era rivolta soprattutto agli uomini d'affari, mafiosi latitanti, politici e amministratori locali e massoneria. Le sue inchieste sul quotidiano La Sicilia avevano rivelato gli intrecci tra mafia, imprenditoria e politica. Probabilmente era arrivato molto vicino a scoprire che il boss catanese Nitto Santapaola proprio a Barcellona Pozzo di Gotto aveva la sua rete di protezione. 

Alla sua morte seguì un lungo processo, tuttora non concluso, che condannò un boss locale, Giuseppe Gullotti, per aver organizzato l'omicidio, lasciando ancora ignoti i veri mandanti. Alfano era un uomo incorruttibile, un giornalista d’inchiesta con il fiuto e l’esperienza del poliziotto, l’intuito del magistrato e la passione per la ricerca della verità. Disegnò anche l’organigramma delle cosche di Barcellona e del messinese, importante traccia che venne usata anche dagli inquirenti nel contrasto alle cosche emergenti degli anni ’90, era considerato, insomma, un giornalista che non si poteva né comprare né intimidire, poteva essere solo eliminato. Il suo delitto ricorda in parte quello di Giuseppe Fava avvenuto il 5 gennaio di nove anni prima.

Lo Stato ha onorato il sacrificio di Giuseppe con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.

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