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Testimonianze di coraggio. Rocco Chinnici ruppe gli schemi e pose le fondamenta del “pool antimafia”

Credeva nella condivisione delle informazioni e nella specializzazione delle attività di indagine antimafia. Il giudice Rocco Chinnici, nell’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, coinvolse con le sue idee anche i giovani magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Impegnato nella divulgazione della cultura della legalità, partecipava a incontri e seminari. Erano soprattutto i giovani che voleva sensibilizzare, perché agissero consapevolmente opponendo la loro resistenza attiva al fenomeno mafioso.
Il 29 luglio 1983, un’auto posteggiata davanti casa di Chinnici esplose e provocò la morte del giudice. Furono usati 75 kg di esplosivo per bloccare la sua attività investigativa. Ma le indagini di Chinnici permisero di istruire il primo maxi processo di mafia, nel 1986. Antonino Caponnetto diede il nome di “pool antimafia” al modello di lavoro che Chinnici aveva concepito, rompendo gli schemi, quando i magistrati dell'epoca seguivano i processi isolati, ciascuno nella propria stanza.
Il giudice era sposato e aveva tre figli. Caterina, anche lei magistrato, ha sentito la necessità di scrivere un libro per ricordare suo padre: “Credeva che i ragazzi dovessero difendersi cambiando mentalità e che avrebbero potuto farlo solo disponendo di adeguati strumenti culturali. Il problema, secondo lui, prima che giudiziario era sociale, civile, umano …”.
Con il giudice Chinnici morirono il maresciallo dei Carabinieri Mario Trapasso e l’appuntato Salvatore Bartolotta, che svolgevano il servizio di scorta; inoltre, il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

#TestimonianzediCoraggio #vittimemafia #29luglio 1983 https://t.co/6aqXmEQ9Pa e l'idea del pool antimafia #LoStatoRicorda pic.twitter.com/AVxe23GxUM
— Il Viminale (@Viminale) 29 luglio 2018
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Biografia del giudice Rocco Chinnici | 164.25 KB |
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Le altre vittime dell'attentato | 165.69 KB |