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‘Per un web sicuro’, in campo Polizia e Moige
Navigare in sicurezza, ma maneggiare con cura. Questo potrebbe essere lo slogan per individuare il senso della campagna di sensibilizzazione ‘Per un web sicuro’, progetto promosso da Moige – Movimento genitori e dalla Polizia Postale e delle comunicazioni, presentato oggi a Roma presso il dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Per illustrare il perché di un’iniziativa che coinvolge anche aziende del mondo della information tecnology come Google, Trend Micro, Vodafone, Hp e Cisco, il direttore della Polizia Postale, Antonio Apruzzese, ha spiegato come i reati che riguardano il web siano in costante ascesa, con ‘attori protagonisti’ anche molti ragazzi. Gran parte di questi ‘illeciti’ partono come scherzi, ma finiscono per diventare vere e proprie attività vessatorie che portano anche a situazioni di disagio e aggressione nei confronti di altri minori.
Altro punto nodale che riguarda la sicurezza su internet, è il superamento delle differenze di conoscenze tra i nativi digitali, i ragazzi, e il mondo degli adulti che molte volte viene tagliato fuori perché ‘non capisce’ il medium web. Su questo tema è intervenuta la presidente nazionale Moige, Maria Rita Munizzi. I ragazzi spesso sono lasciati soli quando usano internet, per questo ‘Per un web sicuro’ interesserà 70 scuole medie in 15 regioni d’Italia, circa 23mila studenti, ma soprattutto 50mila tra docenti, genitori e nonni, il mondo quindi degli adulti che deve sapere su cosa vigilare per garantire la sicurezza dei propri ragazzi.
Ma perché la Polizia si occupa di queste tematiche? La risposta è stata affidata al direttore centrale delle Specialità della Polizia di Stato, Roberto Sgalla. Comunemente, associamo il ruolo istituzionale della Polizia ad un intervento di repressione quando si verifica un reato. In questi casi, legati ai reati su internet, dobbiamo chiederci – spiega Sgalla – se i ragazzi percepiscono che alcune attività come il furto di identità e rubare la password del 'social' dell’amichetto di scuola, sono veri illeciti. Si deve, quindi, fare in modo di «rideclinare il senso morale dei ragazzi» per spiegare loro cosa è legale e ciò che non lo è.
Infine, alcuni dati ricavati dalla indagine ‘la dieta mediatica dei nostri figli’: 9 su 10 navigano abitualmente, 1 su 5 più di tre ore al giorno, 6 su 10 dichiarano di utilizzare Internet da soli.
E poi, le motivazioni che li portano su internet sono essenzialmente ‘sociali’: solo 1 su 7 si connette per studiare, il 24% chatta, il 22% ascolta musica e il 30% fa spesso ‘nuove amicizie in rete’. A fronte di ciò, il controllo da parte dei genitori appare piuttosto blando: 1 su 4 infatti conosce poco o per niente che cosa facciano i loro figli connessi.
Insomma, per educare i nostri giovani a non cadere nelle trappole del web deve esserci un coinvolgemento maggiore degli adulti. D’altronde, lascereste andare in giro per la città i vostri figli senza sapere dove vanno e con chi? E la risposta , ovvia, è proprio tra gli obiettivi che iniziative come quella che sta partendo oggi, vogliono suscitare.