35° Assemblea congressuale delle province italiane "L’Italia delle province”

11 Dicembre 2024
Tema

Sono particolarmente lieto di prendere parte a questo importante evento congressuale i cui lavori si sono distinti per l’alto profilo degli interventi istituzionali e dei numerosi amministratori locali, quotidianamente impegnati nella gestione dei propri territori. 
Desidero, innanzitutto rivolgere il mio più cordiale saluto al neo Presidente della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale, che ringrazio per l’invito e, naturalmente, congratularmi con il nuovo Presidente dell’Unione delle Province d’Italia, Pasquale Gandolfi con il quale avremo modo di proseguire il tradizionale percorso di collaborazione e confronto.
La 35° Assemblea congressuale delle province italiane ci ha consentito un importante momento di approfondimento su temi di grande complessità, anche al fine di mantenere alta l’attenzione sulla loro centralità.
Dalla definizione della “nuova Provincia” alla messa in sicurezza del territorio, dalla modernizzazione della Pubblica Amministrazione alla promozione di politiche di sviluppo eque e sostenibili, quelli qui trattati sono temi che, soprattutto nell’attuale contingenza storica ed economica, chiamano gli amministratori locali a compiti sempre più ampi e impegnativi.
Ed è per questo che anche oggi, come sempre faccio ogni volta che mi si presenta una qualificata occasione, voglio ringraziare tutti i Presidenti, Sindaci e amministratori locali d’Italia che, da sempre, rappresentano l’indispensabile presidio di prossimità territoriale e ossatura del nostro sistema istituzionale.
“L’Italia delle province” è fatta di città e di tante “aree interne”, di piccoli Comuni, di milioni di cittadini che vivono il disagio di una stagione difficile in cui il ruolo delle autonomie, la loro funzionalità operativa e l’efficacia della loro azione costituiscono un fattore essenziale per lo sviluppo socio-economico del Paese. 
Tutto ciò mi rende sempre più convinto della necessità di rafforzare la loro capacità di risposta politica e amministrativa valorizzandone l’azione di governo, variabile fondamentale per la qualità della vita delle nostre comunità.
Per tale ragione, sin dal mio insediamento, ho voluto fortemente riavviare e concretizzare il progetto di riforma del Testo Unico degli Enti Locali che, dopo oltre venti anni di prassi applicativa, considero una priorità d’intervento ineludibile.

Il disegno di legge delega di revisione del TUOEL - di cui il Ministero dell’interno si è fatto carico e per il quale l’8 agosto dello scorso anno è stato avviato l’esame in Consiglio dei Ministri - punta proprio ad attualizzare, mediante una revisione organica, il complessivo assetto delle autonomie locali, al fine di adeguarne la disciplina alle significative innovazioni medio tempore intervenute.
A 35 anni dalla riforma delle autonomie locali introdotta con la legge 8 giugno 1990, n. 142, ed a 25 anni dalla codificazione attuata con il testo unico enti locali d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è diventato, quindi, indispensabile procedere alla revisione del vigente Testo Unico attraverso una legge complessiva e sistematica, dedicata a tutte le categorie di enti locali (Comuni, Province e Città Metropolitane, Roma Capitale) e non solo ad un tipo tra essi ovvero unicamente ad alcuni principi o regole e non già alla complessiva disciplina ordinamentale. Per rendere evidente la necessità di una riforma organica segnalo che il t.u.e.l. è stato interessato oltre 1.000 volte da modifiche normative anche reiterate.
Nel disegno di legge delega sono stati individuati i principi e i criteri direttivi per una migliore organizzazione delle funzioni affidate ai vari livelli territoriali e per assicurare una maggiore efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, tenendo conto, parallelamente, degli esiti dei lavori parlamentari volti a restituire alle Province le necessarie condizioni di operatività, funzionalità e rappresentatività.
Le Province, con la loro lunga storia - che precede i Mille e l’unificazione del Paese - per decenni hanno rappresentato l’indispensabile punto di raccordo fra il comune e la regione, oltre che “luogo” d’elezione per la promozione della coesione territoriale. 
Oggi, l’incompiuto percorso di revisione legislativa avvenuto con la c.d. legge Delrio (n. 56/2014) ne ha, invece, indebolito il ruolo, avendo sottratto alle stesse funzioni e ridotto risorse, in previsione di un riassetto costituzionale degli Enti locali, che poi non si è realizzato.
L’attuale regolamentazione normativa delle Province - stratificatasi nel tempo in modo frastagliato e non organico - crea, infatti, vuoti e incertezze che, per opinione comune, non possono prolungarsi oltremodo a danno delle comunità che pagano il prezzo di servizi inadeguati, di competenze incerte e di disordini funzionali.
Le Province, insieme ai Comuni e alle Città metropolitane, hanno dignità costituzionale come parte di un sistema unitario che va tutelato e salvaguardato.

In questa direzione l’impegno del Governo e del Parlamento non è mai venuto meno. Come noto, sono all’esame parlamentare diversi disegni di legge volti a riconfigurare le Province come enti autonomi direttamente rappresentativi delle collettività locali, mediante il ripristino dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente e del Consiglio provinciale.
Ciò anche al fine di riattribuire alle Province la capacità di sostenere e rendere più incisiva l’attività dei Comuni, riconducendone a sintesi le istanze ed esercitando il loro storico ruolo di cerniera tra ordinamento regionale e locale.
Spesso ci si dimentica che l’articolazione provinciale rappresenta anche la dimensione territoriale con maggiore capacità identitaria, sia per omogeneità di linguaggio che per tradizioni culturali, un baluardo contro le spinte di disgregazione a livello locale e gli eccessivi localismi.  
Le attuali prospettive di riforma vanno, quindi, tutte nella auspicabile direzione di un riordino efficiente dell’allocazione delle funzioni tra i diversi enti locali, che attribuisca competenze chiare e adeguate dotazioni finanziarie e strumentali, in modo da assicurare ai cittadini le migliori condizioni di benessere.

Si tratta di una sfida ambiziosa, che potrebbe fornire l’occasione per delineare una “nuova Provincia” con prerogative e attribuzioni sempre più mirate alla crescita economica, culturale e sociale dei territori di riferimento. 
Mi piace sottolineare come la piena funzionalità di tutti gli enti territoriali rappresenti da sempre una priorità per gli apparati centrali e periferici del Ministero dell’interno nell’interesse delle stesse collettività. 
Molte azioni di competenza delle autonomie locali – quali l’organizzazione del territorio, il funzionamento delle infrastrutture essenziali, la lotta al degrado urbanistico e civile, la cura degli spazi pubblici - incidono fortemente sulla realizzazione delle missioni del Dicastero dell’interno. 
In forza di questa stretta connessione fra competenze centrali e delle autonomie, ormai da molti anni il Ministero è impegnato a promuovere progetti territoriali di sicurezza partecipata e integrata, volti a migliorare la vivibilità dei luoghi pubblici e il benessere delle comunità, attraverso l’azione coordinata delle diverse Forze di polizia, dei privati e delle istituzioni, anche e soprattutto di quelle locali.
Siamo al contempo tutti consapevoli che il contrasto a talune patologie territoriali, spesso gravemente radicate, non possa avere un taglio unicamente securitario. Sono, infatti, indispensabili efficaci politiche di coesione e di sviluppo in grado di favorire una crescita complessiva del territorio che non lasci indietro nessuno: aree interne, piccoli comuni, periferie, ambienti montani.
Proprio sotto quest’ultimo profilo, le Province hanno svolto un lavoro di grande rilievo, promuovendo forme di compensazione con i territori svantaggiati, per ragioni storiche o geografiche, e assicurando attenzione alle istanze provenienti dalle comunità meno servite sul piano infrastrutturale.
A tal fine esse hanno utilizzato modelli di confronto e di composizione capaci di conciliare e armonizzare le diverse esigenze, senza perdere mai di vista il miglioramento complessivo delle aree di riferimento.
Nell’opera di massima valorizzazione dei territori le Province hanno spesso avuto come interfaccia la rete delle Prefetture, con le quali hanno da sempre in comune, oltre alla dimensione territoriale, l’attenzione e l’impegno sui temi della coesione.
Posso dire, anche sulla base dell’esperienza maturata nei diversi incarichi che ho rivestito da appartenente alla carriera prefettizia e da Prefetto, che la “perdita di peso politico” delle Province è stata molto avvertita; perdita di peso che ha determinato l’indebolimento di interlocutori, per la nostra Amministrazione, preziosi e sempre disponibili.
Al contrario, le politiche di coesione, ma anche quelle di sicurezza, richiedono un lavoro congiunto - nel rispetto delle diverse competenze - fra il Ministero dell’interno e la rete delle autonomie, al fine di assicurare la più ampia e capillare accessibilità ai servizi pubblici, alle prestazioni sociali, alle iniziative culturali, oltre che un ambiente urbano sicuro e inclusivo.
È, pertanto, indispensabile ed urgente, per uno sviluppo territoriale a 360° gradi che accresca per tutti le chance di benessere, riformare e rafforzare le autonomie locali, e tra esse le Province, sia restituendo loro la più tradizionale funzione pianificatoria, sia valorizzandone una più innovativa capacità di supporto a favore dei Comuni, soprattutto di quelli più piccoli e con una minore struttura amministrativa.
Ringrazio quindi tutti i partecipanti che, con il loro contributo, hanno offerto importanti spunti di valutazione su temi attuali e strategici per il futuro della nostra nazione e delle generazioni che verranno e sui quali il mio impegno continuerà ad essere massimo e costante.
Auguro alle Province italiane di ripartire al più presto per continuare a scrivere la loro storia al servizio delle comunità.