«Arrivi in calo, merito della deterrenza. I centri albanesi possono diventare Cpr»

24 Marzo 2025
Intervista del ministro Piantedosi al quotidiano La Stampa

di Federico Capurso

ROMA. Per la prima volta, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi conferma l'ipotesi di imprimere una virata sull'utilizzo dei centri albanesi di Gjader e Shengjin, finora rimasti vuoti. «Potrebbero avere un ruolo per rafforzare il sistema per rimpatriare i migranti irregolari che non hanno diritto a rimanere in Italia», dice Piantedosi. Un modo, quindi, per iniziare a utilizzarli, magari utilizzando per i rimpatri anche la parte di struttura dedicata originariamente alle procedure accelerate di frontiera. E grazie alla veste di Cpr, ragiona Piantedosi, «potremo così riportare a casa i soggetti che, altrimenti, finiscono per rendere le nostre città meno sicure. I rimpatri sono un tema che sta affermandosi nel dibattito politico in tutto il mondo, anche oltreoceano. A noi, oramai, lo chiede l'Europa. Finalmente. Dovremmo esserne tutti contenti».

La riconversione dei centri, non più dedicati alla prima accoglienza, comporterebbe degli ulteriori investimenti e dei lavori?
«No. Contengono già al loro interno spazi dedicati a effettuare i rimpatri. La struttura è già predisposta per questa funzione».

Sono stati pensati in Albania per non far mai toccare il suolo europeo ai migranti, ma se fossero dei Cpr le persone da rimpatriare arriverebbero dall'Italia. Non verrebbe meno l'effetto di deterrenza?
«L'originaria funzione dei centri sarà mantenuta e l'effetto deterrenza è comunque accresciuto dal fatto che aumentiamo i rimpatri. Oggi siamo a + 35% rispetto all'anno scorso».

Le sentenze dei tribunali italiani hanno di fatto congelato la possibilità di fare procedure accelerate di frontiera, ma il governo confida in una sentenza favorevole da parte della Corte di giustizia europea, prevista a fine maggio?
«La funzione di centro per effettuare procedure accelerate di frontiera sarà comunque richiesta a breve, proprio dall'entrata in vigore dei nuovi regolamenti europei. Ad ogni modo, è vero, potrebbe essere anticipata dal prossimo pronunciamento della Corte di giustizia europea».

Si attenderà fino a quel momento prima di prendere una decisione sul destino dei centri?
«Sono valutazioni che stiamo facendo in questi giorni».

Il nuovo regolamento migranti europeo aiuterà a frenare anche le partenze?
«È quello che auspichiamo. Per troppo tempo è stato dato un messaggio sbagliato, come se bastasse arrivare in qualunque modo in Unione Europea per avere il diritto di rimanervi. Ora la prospettiva sta cambiando anche e soprattutto grazie alle spinte del Governo Meloni. Miglioramento dei canali di ingresso regolare, rafforzamento dei rimpatri degli irregolari e lotta ai trafficanti saranno le direzioni di marcia in tutta Europa».

Bruxelles per ora cerca di frenare soprattutto i movimenti secondari. Prima molti migranti arrivavano da noi per poi proseguire il viaggio verso il Nord Europa. Vuol dire che ora dovremo gestire un numero più alto di migranti in territorio italiano?
«No, al contrario. Ne arriveranno di meno e ne rimpatrieremo di più. L'obiettivo è quello di far entrare i migranti esclusivamente attraverso i canali regolari e le nuove regole ci aiuteranno in tal senso».

Con la bella stagione e il mare più calmo aumentano le partenze verso il nostro Paese. Nessuna preoccupazione?
«In questo primo scorcio di anno rileviamo un ulteriore calo degli arrivi, ad oggi, di circa il 17% rispetto allo stesso periodo del 2024, un anno che a sua volta aveva fatto registrare una significativa riduzione degli sbarchi a fronte di quello precedente pari a -58% e di circa -37% rispetto a quello precedente ancora. Siamo soddisfatti perché rileviamo l'evidenza del lavoro che stiamo facendo per contrastare gli affari dei trafficanti di esseri umani, anche se il permanere di elementi di instabilità in alcuni Paesi di partenza ci inducono a mantenere alte cautela ed attenzione».

La Libia è uno di quei Paesi. Dopo il caso Almasri, un altro libico, Ghani Al Kikli, miliziano accusato da Onu e Usa di crimini contro l'umanità, era in Italia in questi giorni. Il Viminale ne era a conoscenza?
«Al pari di Almasri, mai conosciuto questo signore che non ha mai interagito con noi per la gestione del fenomeno migratorio. Ho letto che girava liberamente all'interno dell'Unione europea grazie ad un regolare visto rilasciato da altri paesi europei e che non risulta alcun provvedimento giudiziario, nazionale o internazionale, da dover adottare nei suoi confronti. Mi sfugge, pertanto, lo scandalo sollevato sul caso».

Questa assidua frequentazione del nostro Paese da parte di personaggi come Almasri e Al Kikli è un effetto degli accordi Italia-Libia sui migranti?
«Non c'è assolutamente alcun nesso. Da sempre capita che cittadini libici vengano a curarsi in strutture sanitarie in Italia, apprezzate per la loro qualità. Mi risulta sia successo anche in tempi passati in cui i governi erano sostenuti da partiti politici a cui aderiscono esponenti che ora si stracciano le vesti».

Una tutela dei rapporti con chi ha il potere in Libia è imprescindibile per evitare ripercussioni sulle partenze?
«Abbiamo tutto l'interesse a coltivare buoni rapporti di collaborazione con tutti, a maggior ragione con le autorità dei Paesi del Mediterraneo e non solo per fronteggiare l'immigrazione irregolare ed il rischio di importare delinquenza e terrorismo. Abbiamo infatti legami economici e culturali dovuti alla nostra storia e alla nostra collocazione geografica che vanno mantenuti vivi e rafforzati. Il Piano Mattei è stato concepito proprio in questa direzione e comincia a far intravvedere i primi risultati. Non capisco perché dovremmo rinunciare a tutto questo».

In questi giorni si è parlato anche di un possibile piano di riordino che porterebbe alla chiusura di diversi commissariati di polizia in Italia.
«Nessun reparto e nessun commissariato sul territorio sarà tagliato. Al contrario è in programma un rafforzamento delle realtà operanti sul territorio. Se un commissariato diventa inutilizzabile per fine locazione o perché non più funzionale, se ne programmerà l'apertura in un'altra sede nella stessa località. Prestiamo massima attenzione all'impegno delle Forze di polizia, che è in continua crescita sul territorio. Nel 2024 in Italia sono state arrestate o denunciate quasi 830 mila persone, + 4% rispetto al 2023».