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«Cambiare la Bossi-Fini? Uno slogan. L'Europa copierà il progetto in Albania»
di Grazia Longo
In questi giorni il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi è in Africa per una serie di bilaterali. È quasi naturale, quindi, parlare di migranti, partenze e di accordi con i Paesi sul tema dei rimpatri. Tutti temi caldi che peraltro infiammano anche il clima politico.
L'ultima strage al largo delle coste della Calabria ripropone l'emergenza migranti. È vero che si registrano meno arrivi, ma i morti sono sempre tanti. Che cosa si può fare per ovviare a questa drammatica realtà?
«Il minor numero di sbarchi è dovuto a minori partenze illegali. E ridurre le partenze illegali può significare anche ridurre i rischi che si verifichino tragedie. Contrastare in ogni modo il traffico di esseri umani serve proprio soprattutto a salvare vite umane».
In che modo Libia e Tunisia sostengono l'Italia nella lotta all'immigrazione?
«Stiamo consolidando una collaborazione su molteplici direzioni: dalla prevenzione delle partenze sulla terraferma ai salvataggi e recuperi in mare. Ma di particolare importanza si sta rivelando un articolato programma di rimpatri volontari assistiti che Libia e Tunisia stanno effettuando, dai loro territori, di migliaia di migranti a cui vengono offerte opportunità alternative di reinsediamento nei propri paesi di origine. Con la nostra collaborazione e quella delle organizzazioni umanitarie internazionali».
E come si concilia il sostegno all'Italia con la connotazione non proprio democratica di Libia e Tunisia?
«La collaborazione con questi Paesi si sviluppa su programmi che sono approvati, condivisi e spesso sostenuti dall'unione europea».
La premier Giorgia Meloni ha ribadito ancora una volta che in Italia si può entrare solo in maniera legale. Ma allora è possibile modificare la legge Bossi-Fini? Come raccordare posizioni diverse tra governo e opposizione?
«L'espressione "modificare la Bossi Fini", senza alcuna specificazione, sembra più uno slogan praticato soprattutto da chi, talvolta, non sa neanche bene di cosa parla. La nostra legge sull'immigrazione è stata modificata o integrata svariate decine di volte. Dopodiché ogni normativa va tenuta adeguata alle mutevoli esigenze che pongono fenomeni così complessi».
L'esecutivo pensa di rivedere i flussi di accesso?
«Il governo, di fronte all'evidenza di alcune anomalie, ha avviato una riflessione sull'effettivo funzionamento del sistema attuale».
La premier ha denunciato che da alcune regioni, su tutte la Campania, abbiamo registrato un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro. Come intervenire?
«Stiamo ragionando su alcune soluzioni a legislazione invariata, quali quelle rivolte a realizzare un sistema di certificazione preliminare dei datori di lavoro che poi possono presentare domanda. Non escludiamo qualsiasi altra misura, anche di tipo normativo, per rendere più concreto ed efficace l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro».
Come rispondere alle opposizioni che stigmatizzano i costi eccessivi del centro in Albania a fronte di un'accoglienza ridotta?
«I costi vanno rapportati ai benefici attesi dalla realizzazione del progetto, anche dal punto di vista della progressiva riduzione dei costi di accoglienza che il nostro paese e l'intera Europa sostengono a beneficio di persone che poi, al 90% circa, si riveleranno non averne diritto».
Quanto è importante il centro migranti in Albania?
«L'attenzione riservata pubblicamente al progetto, dalla maggioranza dei paesi europei e dalla stessa Unione Europea, credo sia la maggiore riprova del valore, anche sperimentale, di una iniziativa che si ripromette di contrastare l'immigrazione illegale senza ridurre le garanzie dei diritti delle persone».
Come favorire le politiche di integrazione dei migranti?
«Il primo fattore di integrazione è legato alla sostenibilità dell'immigrazione. Numeri adeguati al contesto sociale e alle reali capacità del mercato del lavoro e del nostro sistema di welfare sono la condizione imprescindibile per una doverosa e proficua integrazione delle popolazioni immigrate nelle nostre comunità. Questo governo, nello spirito del piano Mattei, sta lavorando alla realizzazione di programmi di formazione nei paesi di origine finalizzati proprio ad una più mirata integrazione».
Qual è lo scopo dei bilaterali con alcuni Paesi dell'Africa che lei sta per affrontare?
«Le collaborazioni operative che funzionano si fondano sempre su eccellenti sistemi di relazioni, che vanno tenuti costanti ed aggiornati. Sto per tornare in Costa d'Avorio dopo esserci stato lo scorso anno. Da allora si sono praticamente azzerati gli arrivi dei cittadini ivoriani».
Molti migranti vengono sfruttati nelle campagne del nostro Paese. Come arginare la piaga del caporalato?
«Va tenuto alto il livello dei controlli. Ma serve anche una maggiore e più diffusa cultura del rispetto della dignità della persona che deve esserci verso ogni lavoratore. Ogni singolo lavoratore ha innanzitutto il diritto a contribuire al miglioramento della propria esistenza e della società in cui vive ed opera. Nessuno deve essere sfruttato per poter accedere a questo fondamentale e prioritario diritto».