Intervento del Ministro Piantedosi alla conferenza “L'impegno della politica estera italiana nel contrasto alla corruzione ed al crimine organizzato transnazionale"

9 Dicembre 2024
Tema
La diplomazia giuridica come direttrice di politica estera. Il contrasto alla corruzione ed al crimine organizzato transnazionale. L’impegno dell’Italia

«Saluto e ringrazio per l’invito e per la calorosa accoglienza il Vicepresidente del Consiglio e collega Ministro degli Affari Esteri Tajani. 
Rivolgo inoltre un saluto al collega Ministro Nordio, al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante Generale della Guardina di Finanza, al Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al Segretario Generale Cormann, ai Signori Ambasciatori e a tutte le Autorità presenti e in videocollegamento.
Sono molto lieto di poter prendere parte a questo prestigioso evento, che, a due anni dall’ultimo appuntamento, ci dà l’opportunità di svolgere alcune riflessioni e di tracciare nuove prospettive in occasione della Giornata internazionale contro la corruzione.
Nei ventuno anni trascorsi dall’adozione della Convenzione ONU contro la corruzione, il sistema normativo e investigativo italiano ha registrato progressi straordinari nella prevenzione e nel contrasto di questo fenomeno, che resta un tema di assoluta centralità nell’agenda del Governo e del mio Dicastero.
La lotta alla corruzione, infatti, non solo rafforza le Istituzioni e crea fiducia nei cittadini, ma è cruciale per il Paese, l’economia ed il benessere collettivo. È la base per lo sviluppo dell’Italia, per poterne rafforzare il ruolo nel mondo e per attrarre investimenti.
Le statistiche e gli esiti delle indagini testimoniano la consistenza di questi risultati, tuttavia, al contempo, confermano che la criminalità organizzata moderna utilizza sempre di più la corruzione – piuttosto che l’intimidazione e la violenza – come strumento privilegiato di operatività.
La corruzione, quindi, crea le premesse per il reimpiego delle somme di denaro di origine illecita, cosicché il riciclaggio si pone in continuità con essa, trasformando da potenziale ad effettiva la possibilità di goderne i proventi.
Lo studio di questi fenomeni ha evidenziato che le pratiche di corruttela e di riciclaggio sono spesso realizzate da attori del mondo economico e produttivo, che decidono di associarsi alla criminalità organizzata per ottenere vantaggi competitivi illeciti, offrendo in cambio la loro disponibilità a occultare o a reimpiegare i capitali “sporchi”.
In questi casi, purtroppo, l’esito è prevedibile: la criminalità organizzata, col tempo, soggioga un’impresa ed estromette l’imprenditore, sfruttando il volto di quest’ultimo per contrattare con la Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di non suscitare allarme nelle autorità di controllo.
In questo senso, dunque, la corruzione rappresenta l’anello di congiunzione tra gli imprenditori collusi con la criminalità organizzata e i funzionari infedeli dell’Amministrazione.
L’investimento di capitali illeciti non costituisce però solo un grave reato, ma è anche un fattore anticoncorrenziale, che altera le regole del mercato.
I costi sociali di questo sistema criminale sono ingenti e, pertanto, l’attenzione delle Istituzioni deve essere sempre massima, sia sul fronte preventivo – anzitutto attraverso la trasparenza – sia su quello repressivo.
Per questo, anche alla luce degli ottimi risultati che abbiamo conseguito nell’assicurare che i capitali del PNRR e del Next Generation EU non confluissero nella disponibilità delle mafie, siamo consapevoli che la lotta alla corruzione richiede l’impegno costante del Paese, la dedizione quotidiana del Governo, del Parlamento, delle Istituzioni centrali e locali e di tutta la società civile.
L’ordinamento italiano può contare su strumenti efficaci, che consentono di anticipare la reazione dello Stato ai tentativi di infiltrazione delle mafie nel tessuto economico sano.
Penso, anzitutto, al meccanismo delle interdittive antimafia, grazie al quale è possibile impedire alle aziende di ottenere l’assegnazione di appalti o risorse pubbliche, nei casi in cui vi siano concreti indicatori che esse siano colluse con la criminalità organizzata.
Ma faccio riferimento anche al vigente apparato antiriciclaggio – fondato sulla collaborazione tra Autorità pubbliche e operatori privati – e ai piani anticorruzione, che tutte le Istituzioni pubbliche sono obbligate ad adottare.
Questo impianto normativo trova poi la sua piena compiutezza nelle stringenti regole d’integrità previste per le cariche pubbliche elettive, nelle garanzie di trasparenza della spesa pubblica, nelle disposizioni sulla tutela dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti e nelle disposizioni sul conflitto d’interessi e sul regime delle incompatibilità.
Questo complesso di misure, unito alla fondamentale, solida sinergia tra Istituzioni, Autorità investigative e giudiziarie, costituisce la precondizione per un ambiente sociale sano, dotato degli anticorpi – normativi e culturali – necessari a prevenire e isolare la dinamica patologica corruttiva, ed è anche la premessa per affrontare e sconfiggere la corruzione a livello transnazionale.
Ad un’azione globale delle mafie, infatti, corrisponde un’incidenza transnazionale della corruzione: è per questo che il multilateralismo, il coordinamento inter-istituzionale e la definizione di policy condivise sono la chiave per affrontare questa importante sfida trasversale.
Lo dimostrano non solo i principali strumenti giuridici internazionali, ossia la citata Convenzione ONU del 2003 e la Convenzione di Palermo contro la Criminalità Organizzata Transnazionale, ma anche alcune rilevanti iniziative regionali, come la proposta di direttiva europea anticorruzione, che prevede l’istituzione, in tutti gli Stati Membri, di autorità indipendenti sul modello della nostra ANAC.
L’expertise maturata dal nostro Paese in tema di contrasto alle mafie e alla corruzione ha consentito l’avvio di articolati progetti di law enforcement e di capacity building, volti ad esportare il “modello Italia” in diverse aree del mondo e, in particolare, nella regione latinoamericana, per supportare il potenziale delle Istituzioni di Paesi con i quali, per comunanza culturale e tradizione giuridica, intratteniamo un rapporto privilegiato. 
Si tratta di un impegno che vede il mio Dicastero in prima linea nell’attuazione di queste iniziative di diplomazia giuridica, da ultimo incoraggiate non solo dal Presidente della Repubblica Mattarella, nel corso delle sue recenti visite in Brasile, Cile e Paraguay, ma anche dal Presidente del Consiglio Meloni, sia in occasione del Vertice G20 di Rio del Janeiro, sia nel suo recente incontro con il Presidente argentino Milei.
Faccio riferimento, in primo luogo, al progetto I-CAN contro la ‘ndrangheta, che, dal 2020, grazie alla cooperazione tra Interpol e le Autorità di 20 Paesi, ha consentito di condividere informazioni e best practices per sferrare un attacco globale multilaterale a questa organizzazione criminale, assicurando alla giustizia oltre cento latitanti e consentendo il sequestro di ingenti somme di denaro pronto ad essere riciclato.
Penso anche all’iniziativa europea di EL PAcCTO 2.0, con la quale il mio Dicastero fornisce assistenza tecnica nel contrasto alla criminalità organizzata e nella lotta alla corruzione, in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana (IILA).
Fianco a fianco con quest’Organizzazione e con il supporto del Ministero degli Affari Esteri abbiamo avviato altre importanti progettualità, grazie alle quali la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza cooperano e contribuiscono ad incrementare le capacità di risposta al crimine organizzato e alla corruzione delle forze di polizia di numerosi Paesi latinoamericani.
Tra queste risalta senza dubbio il “Programma Falcone e Borsellino”, la cui cifra distintiva è la diffusione del metodo d’indagine basato sul “follow the money”, che, attraverso l’analisi e il sequestro dei flussi di denaro, impedisce alle mafie di arricchirsi e di attuare i propri disegni criminali e corruttivi.
È un approccio nel quale vantiamo una competenza di prim’ordine, che ho voluto fosse riaffermato anche nel Comunicato finale della riunione dei Ministri dell’Interno del G7, tenutasi lo scorso ottobre a Mirabella Eclano, in Provincia di Avellino. 
In quel documento, infatti, abbiamo invocato una maggiore cooperazione internazionale da parte dei Paesi in cui transitano o sono destinati i proventi del crimine, al fine di confiscare tali fondi, arrestare i responsabili e infliggere un duro colpo alla corruzione transnazionale, in conformità con le Convenzioni ONU e con gli standard del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI).
In questo senso, assume primaria importanza la prospettiva del progetto biennale che, a partire dal prossimo gennaio 2025, consentirà di testare in ambito Interpol la così detta “Silver Notice”, un meccanismo di scambio informativo per il tracciamento e la confisca dei patrimoni illeciti derivanti dall’attività criminale, fortemente voluto dall’Italia.
Il nostro modello, tuttavia, non sarebbe pienamente compiuto se non contemplasse anche una fase successiva alla confisca e al sequestro dei patrimoni, volta alla loro gestione per il reimpiego a vantaggio e protezione di quella stessa società lesa dall’attività criminale mafiosa. 
Per questo, nel condividere il nostro modus operandi con le Istituzioni di altri Paesi, teniamo sempre ad illustrare il ruolo fondamentale dell’Agenzia per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in un’ottica di ripristino della coesione sociale e di rinnovata fiducia nello Stato.
Concludo con un ringraziamento particolare alla Rete diplomatica e consolare italiana, partner insostituibile dei Ministeri dell’Interno e della Giustizia nell’assicurare un contributo decisivo per il successo di questi ed altri progetti di capacity building e law enforcement, che accrescono la sicurezza globale e tengono alti il prestigio e l’autorevolezza internazionale dell’Italia».