Piantedosi: Proteste, no a leggi speciali. Per i migranti sarà replicato il modello Albania

29 Aprile 2024
L'intervista del Ministro dell'Interno al quotidiano La Stampa

 Di Francesco Olivo

Mentre ministri, Anna Maria Bernini e, istituzioni, Ignazio La Russa, chiedono il pugno di ferro contro le proteste nelle Università, dal Viminale arriva un messaggio distensivo: «Le regole dell'ordine pubblico non devono cambiare». Il ministro Matteo Piantedosi chiede di evitare allarmismi sui cortei e soprattutto sui rischi di attacchi del terrorismo internazionale: «Siamo attenti, ma non preoccupati».

Ministro, la preoccupa l'atmosfera che si respira nelle università italiane?

«C'è una forte attenzione, più che preoccupazione. Occorre monitorare che ogni legittimo fermento non venga infiltrato e strumentalizzato per riproporre schemi di contrapposizioni violente».

La ministra Bernini ha chiesto misure drastiche.

«Le Università e i giovani che le frequentano sono da sempre protagonisti della migliore elaborazione del pensiero critico, ma condivido con il ministro Bernini la necessità di mantenere un clima pacifico all'interno delle università».

Gli studenti contestano gli accordi con Israele, sbagliano?

 «Il contesto universitario si nutre di confronto tra idee diverse, di scambi culturali. Anche per questo non ha alcun senso la battaglia ideologica contro le collaborazioni accademiche con Israele. Pensare di boicottare le università israeliane è, oltre che ingiustificato, addirittura controproducente se si ha davvero a cuore la causa della pace in Medio Oriente».

 Dovranno cambiare le regole dell'ordine pubblico per gestire le proteste nelle università?

«Non ha alcun senso immaginarlo e non è intenzione del Viminale cambiare le regole di gestione dell'ordine pubblico negli atenei, men che mai nella direzione di restringere la libertà di manifestare».

 In Parlamento sono però in arrivo norme restrittive.

«È previsto solo un innalzamento delle pene per chi commette violenza ai danni dei rappresentanti delle forze dell'ordine, ma questo non incide sulla libertà di manifestazione. La violenza non ha nulla a che vedere con le libertà».

C'è un allarme per i cortei?

 «Non c'è motivo per fare allarmismo, ma occorre che ognuno faccia la propria parte. L'ordine pubblico non si impone ma si mantiene, in primo luogo grazie al senso di responsabilità di chi manifesta».

Si rivedrà la polizia dentro le università?

«Le forze di polizia non hanno nessun interesse a intervenire né all'interno degli atenei né altrove. Lo fanno solo quando è strettamente necessario, perché costrette a frapporsi per difendere qualcuno o qualcosa che sia minacciato da condotte violente».

 C'è un rischio concreto per gli ebrei in Italia?

«Sono state prese tutte le possibili iniziative sul fronte della prevenzione. Ma il problema è soprattutto di matrice culturale. Bisogna stare attenti a che nessuno strumentalizzi il conflitto a Gaza, le scelte del governo israeliano per riproporre l'antica polemica antisionista o teorie antisemite. Fischiare la brigata ebraica il giorno della Liberazione o boicottare una università o ancora impedire di parlare ad un giornalista perché ebreo sono segnali di imbarbarimento, che nulla hanno a che fare con il dibattito sulla crisi in Medio Oriente".

L'allarme terrorismo è aumentato negli ultimi mesi?

 «Il contesto internazionale genera tensioni. Tuttavia non ci sono elementi specifici su azioni preparatorie in corso sul territorio nazionale».

 A distanza di due mesi, avete più chiaro cosa sia andato storto nella gestione dell'ordine pubblico a Pisa, che ha suscitato l'indignazione anche del presidente della Repubblica?

«Lo stesso personale impegnato in quella circostanza ha collaborato per fornire tutti gli elementi per fare chiarezza. In ogni caso si è trattato soltanto di un caso isolato. In Italia c'è stato un aumento del 40% delle manifestazioni ma soltanto poco più del 2% ha registrato delle criticità. Le manifestazioni per la Liberazione hanno potuto svolgersi regolarmente proprio grazie alla straordinaria professionalità delle nostre forze di polizia, che si confermano un presidio di democrazia e libertà».

Cos'è per lei il 25 aprile?

 «Il 25 aprile è una ricorrenza di grande valore simbolico, in cui celebriamo la ritrovata libertà dopo la fine del regime, l'occupazione nazifascista e l'orrore della guerra. Dobbiamo celebrare questa festa rispettando il senso più profondo della libertà che è un valore assoluto e riguarda tutti. Appropriarsene per motivi di parte significa negare i valori del 25 aprile».

Il G7 a Venaria è stato anticipato ieri dalle proteste: la sicurezza è a rischio?

«Come per ogni evento di questo tipo, c'è la possibilità che qualcuno possa cercare di utilizzarlo come una vetrina per azioni violente. Per questo sono state messe in campo tutte le risorse per le azioni di prevenzione».

Gli sbarchi dei migranti sono in diminuzione, vi aspettate una primavera più tranquilla rispetto all'anno scorso?

«Ci aspettiamo che la crescente collaborazione con i Paesi di partenza e di transito dia risultati sempre più significativi. Nei prossimi giorni è prevista un'altra tappa di questa collaborazione: incontrerò al Viminale i miei colleghi di Algeria, Libia e Tunisia per una importante riunione».

 Quando saranno inviati i primi migranti in Albania?

 «Appena saranno pronte le strutture per ospitarli. Non conta la data di partenza ma il risultato dell'operazione che prevedo possa essere estremamente importante. Al progetto guardano con attenzione tutti i nostri partner europei».

C'è l'idea di un hotspot in Tunisia?

«È da escludere nel modo più assoluto, non ce n'è bisogno. Stiamo lavorando alla condivisione di progetti di rimpatrio volontario assistito, che, se funzioneranno, serviranno ad alleggerire la pressione anche nel territorio tunisino, nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone».

Ci sono dei video che mostrano la guardia costiera libica sparare contro un'imbarcazione italiana, la Mare Jonio, che stava soccorrendo i migranti. È stata fatta chiarezza sulla vicenda?

«In Parlamento ho già fornito due volte tutti gli elementi per la ricostruzione dei fatti, fondata su atti ufficiali e non su versioni fantasiose. Non è nobile giocare con la verità dei fatti, men che meno quando c'è di mezzo la salvaguardia della vita delle persone».

Cutro: una mail della Guardia Costiera ha rivelato il "livello politico" nella gestione degli sbarchi, la sorprende questa notizia?

«Le attività di ricerca e salvataggio da parte delle autorità preposte sono svincolate da qualsiasi tipo di indicazione o ingerenza politica. Lo ha spiegato molto bene il ministro Ciriani in Parlamento».

È possibile una sua candidatura come presidente della Campania?

«È un'ipotesi assolutamente infondata».

Lei si considera un ministro della Lega o un tecnico prestato alla politica?

«Non sono mai stato iscritto ad alcun partito ed ho un curriculum noto e riconoscibile. Ho un antico rapporto di stima ed amicizia con Matteo Salvini e oggi anche con Giorgia Meloni e Antonio Tajani e gli altri ministri».

Qual è stato il momento più difficile in questo anno e mezzo al Viminale?

«Il termine "difficile" ha differenti connotazioni. Limitandomi al piano politico-istituzionale è stato complicato, anche se poi non privo di gratificazioni, portare avanti la trattativa sui nuovi regolamenti europei su immigrazione e asilo».

Contro il quale però la Lega ha votato al Parlamento europeo.

«Come rappresentante del governo ho dovuto esprimere un unico voto su un testo che ha rappresentato la mediazione sulle varie posizioni di 27 Paesi. Nel voto in parlamento le singole forze politiche, non solo la Lega, dei singoli Stati hanno potuto votare per punti separati affermando su questi le proprie posizioni».